Viral Marketing: genio o fortuna?

Viral Marketing: genio o fortuna? 
Eugene e l’uovo virale vs #hhsdjk e la borsa Ikea

Alle volte capita che qualcosa faccia letteralmente esplodere la rete, forse per un lampo di genio o forse, molto più probabilmente, per un colpo di fortuna. 
Quello che conta, in ogni caso, è saper sfruttare intelligentemente un buon trend, anche se nato dal caso, rendendolo fonte di profitto.

Se è parzialmente vero che non sappiamo fino in fondo cosa attirerà l’attenzione virale del pubblico, è però del tutto assodato che dobbiamo essere pronti a catalizzare quell’attenzione utilizzandola in modo proficuo per i nostri intenti (di business).

Studiamo qui due casi in cui un elemento semplice (e forse casuale) ha generato un picco di attenzione mediatica, ben colto e sfruttato dal brand.

L’uovo di Instagram

È il 4 gennaio 2019 e, a meno di una settimana dall’inizio del nuovo anno, la foto di un semplice uovo, pubblicato sul profilo Instagram di @world_record_egg, fa impazzire la rete aggiudicandosi il record per "most-liked post" della storia sbaragliando Kylie Jenner, ex detentrice del primato.

Obiettivo Engagement

Il post ritrae un comune uovo di gallina, accompagnato da una caption di poche righe, che invitano il pubblico a collaborare per raggiungere un nuovo record insieme, così da polverizzare quello da 18 milioni di like raggiunto dalla più giovane delle Jenner.

La richiesta sembra essere innocente, ma dietro parole così semplici si nasconde una delle più funzionali strategie di marketing: l’engagement.

Il post ha portato alla generazione di incredibili volumi di contenuti creati dagli utenti (UGC user generated contents), soprattutto dai più giovani, che hanno pubblicato l’uovo nelle loro storie di Instagram con l’hashtag #EggGang, facendo drizzare le orecchie dei maggiori esperti di marketing.

Dall’attenzione all’azione: trend topic
Ora l’uovo ha tutta l’attenzione dei social e di parte del web, non è il momento di fermarsi. 
Adesso infatti è necessario alimentare l’interesse dell’audience per mantenere l’uovo tra i trend topic. 
Al primo post ne seguono altri che danno all’uovo il nome di "Eugene" e che mostrano in modo sequenziale il suo schiudersi, fino ad arrivare all’ultimo post: dalle crepe del guscio emerge la cucitura di un pallone da football, primo indizio di senso. 
Siamo in prossimità del Super Bowl (l’evento del football americano che ogni anno incolla alla televisione milioni di spettatori) e il pallone è un chiaro rimando all’evento. 
Infatti è proprio durante lo spettacolo sportivo nazionale che viene trasmesso sulla piattaforma streaming di Hulu un commercial dell’associazione no profit Mental Health America.
Il protagonista dello spot è Eugene che condivide con il pubblico la storia di come la viralità abbia influito sulla sua sanità mentale (le crepe) e invita chiunque si senta sottoposto a pressione psicologica a confidarsi con qualcuno. 
Si rivelano anche i genitori del fenomeno mediatico dell’anno: sono tre creativi capitanati dal ventinovenne pubblicista Chris Godfrey, collaboratore dell’agenzia pubblicitaria The&Partnership 
Il team dichiara che l’obiettivo finale dell’uovo è quello di diffondere messaggi di positività e anticipano che quella della sanità mentale è solo la prima delle diverse problematiche che Eugene affronterà.

Come può qualcosa di così casuale, comune e ordinario diventare l’argomento più discusso e virale del web? 
Perché un semplice uovo può catalizzare una tale quantità di attenzione?

hhsdjk: il post-errore di Ikea

Sui social non si dorme mai: a poche settimane dall’entrata in scena di Eugene, un nuovo evento scatena gli utenti della rete. 
Il social media manager di Ikea, infilando lo smartphone in tasca senza bloccare lo schermo, pubblica per sbaglio un post il cui contenuto è rappresentato solo da 5 lettere sconnesse: hhsdjk
In un attimo il post è virale con tanto di hashtag e commenti esilaranti dei fan della pagina Facebook del brand. 
Ikea coglie la palla al balzo e sta al gioco: non solo non elimina il post ma crea uno shopper "limited edition" con la scritta incriminata.

Spontaneità, strategia e UGC
I due casi recenti sono l’ennesima prova che i contenuti virali necessitano di una buona dose di fattore fortuna, ma anche che sono i contenuti più spontanei a risultare irresistibili al pubblico che si sente coinvolto ed interagisce, generando contenuti autonomamente e facendo da cassa di risonanza per il brand.

E allora? BE YOURSELF

È il nostro motto. E non è solo un inno "ingenuo" all’essere se stessi.
È un invito a costruire un’identità di brand coerente e riconoscibile dal proprio target in modo che i contenuti prodotti possano risuonare come autentici, generare fiducia e creare engagement. 
Quando i detrattori nel mondo digitale urlano alla minaccia incombente dell’isolamento e della solitudine, i fatti intervengono a smentire quest’ipotesi confermando la tendenza naturale degli uomini (e dei consumatori) alla ricerca della connessione interpersonale e del gruppo, anche inteso come marca.