L’intelligenza artificiale può sostituire la scrittura umana?

Negli ultimi mesi sistemi come ChatGPT hanno mostrato al pubblico le potenzialità degli strumenti di intelligenza artificiale nella scrittura. 
All’inizio i risultati hanno suscitato molta curiosità ed entusiasmo eppure, dopo diversi esperimenti, sono emersi alcuni problemi.


L’AI fa goffi errori


Alcune testate giornalistiche hanno sperimentato l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la scrittura degli articoli ma, subito nelle prime settimane, si sono viste costrette a una serie infinita di errata corrige fin quando hanno deciso di sospendere il servizio e tornare alla penna umana.
Il primo problema, dunque, è la scarsa affidabilità del software di scrittura, che non si rende conto se il risultato del suo lavoro sia attendibile o meno.


L’AI manca di originalità


I software di scrittura basati sull’intelligenza artificiale si basano sul principio di aggregazione di fonti e materiale e sulla loro selezione e riorganizzazione secondo date regole. Insomma, non creano niente di originale e, per di più, paiono essere abbastanza insensibili a ciò che può interessare le persone finendo per diventare noiosi.
I loro contenuti sono pieni di frasi fatte e luoghi comuni, oltre ad assemblare spesso e volentieri frasi (riconoscibili) di altri, scivolando nel plagio.


L’AI manca di ironia


L’intelligenza artificiale manca di emozioni. Sembrerebbe una banalità ma alcuni meccanismi di compiacimento umano come la comicità e l’ironia hanno proprio a che fare con queste sensazioni.
È come se i software di scrittura seguissero ciò che è “giusto” ma non ci dessero mai (a noi esseri umani), quel che ci serve. Questo accade perché non hanno senso critico e quindi non sono in grado di selezionare secondo ciò che può essere utile al lettore. Figuriamoci dare un apporto creativo e originale.
Quindi ad oggi l’AI va bene per brevi relazioni sui guadagni delle aziende o alcuni resoconti degli eventi sportivi, oppure per controllare alcune ricorrenze di gender: il Financial Times usa uno strumento che controlla in automatico se negli articoli pubblicati vengono interpellati troppi uomini a discapito delle donne.


L’AI per la SEO


Alcuni ritengono che l’intelligenza artificiale possa essere utile nella scrittura di articoli più o meno informativi basati sulle regole (abbastanza) ripetitive della SEO.
Di fatto, in questi articoli, le best practice vengono applicate alla lettera ma il risultato non bada molto alla qualità dei contenuti. In sostanza aumenta il traffico sui siti ma nuoce al brand.
Inoltre il rischio di un utilizzo massiccio dell’intelligenza artificiale per produrre articoli SEO è che i motori di ricerca diventino pieni di questi contenuti, non esattamente tra i più interessanti per gli utenti. 

Infine c’è il rischio (e il timore) che in futuro questi contenuti vengano usati al di fuori del marketing, per esempio per influenzare l’opinione pubblica in campagne di propaganda o a fini politici.


Fatte queste considerazioni, ad oggi, noi scegliamo ancora la “penna”.